I baffi di Salvador Dalì nascondono una storia più affascinante di quanto pensassi
I baffi di Salvador Dalì sono conosciuti in tutto il mondo e rappresentano in modo inequivoco la sua personalità eccentrica. Nel 2010 sono stati addirittura votati come i più famosi di tutti i tempi.
Dalì, nato a Figueres (Catalogna) nel 1904 e morto nella stessa città nel 1989, ha fatto di tutto. È stato pittore, scrittore, scultore, fotografo, cineasta, designer, sceneggiatore e mistico, ed è passato alla storia per le sue opere surrealiste e dadaiste.
Oltre alle sue opere, anche il suo stile è passato alla storia, specialmente i suoi baffi a cui il fotografo lettone Philippe Halsman ha dedicato un intero libro fotografico, realizzato insieme allo stesso Dalì.
Come ricorda il giornale italiano Il Post, la scrittrice e poetessa statunitense Gertrude Stein definì i baffi di Dalì come “i più belli di tutta Europa”.
In diverse interviste con i mezzi di comunicazione, Dalì ha parlato spesso dei suoi baffi. Come racconta il giornale italiano, sembra che per il suo stile si fosse ispirato a un ritratto del comandante catalano del Seicento, Josep Margarit, e al pittore spagnolo Diego Velázquez.
Una delle domande più ricorrenti sui baffi di Dalì era come facesse a mantenerli così fini, allungati e piegati all’insù. Il trucco stava, sorprendentemente, nei datteri.
Lo spiegò in un’intervista alla BBC, concessa nel 1955 al giornalista Malcolm Muggeridge: "Alla fine del pranzo non mi lavavo le dita e me ne mettevo un po’ sui baffi, così stavano [fermi] per tutto il pomeriggio".
Solo più tardi iniziò a utilizzare una pomata ungherese, usata anche dallo scrittore francese Marcel Proust.
Sebbene impiegasse lo stesso prodotto, Dalì spiegò che Proust utilizzava la pomata in modo più deprimente e melanconico. Al contrario, i suoi baffi li definì “molto allegri, appuntiti e aggressivi”.
Alla sera, invece, li puliva e tornavano nella loro posizione naturale. La mattina seguente ripeteva il processo e li sistemava con la pomata. Come ha spiegato alla BBC, gli ci volevano solo tre minuti, un momento che rappresentava per l'artista una grande fonte di ispirazione.
Come ricorda Il Post, in più occasioni aveva paragonato i suoi baffi a due specie di antenne che “erano indispensabili per la creazione artistica”.
Nel libro fotografico di Halsman, disse sui suoi baffi: “Hanno continuato a crescere, così come il potere della mia immaginazione”.
Anche se nell’immaginario collettivo si ricorda Dalì sempre con lo stesso stile di baffi, in realtà provò tendenze e lunghezze differenti. Il più celebre fu quello delle “10 e 10”, chiamato così perché assomigliava alle lancette di un orologio che segnano le 10:10.
La forma insolita delle 10 e 10 la mantenne fino alla morte e oltre. Infatti, nel 2017, il corpo del pittore venne r i e s u m a t o per fare una prova di DNA per un test di paternità.
Lo scienziato forense, Narcís Bardalet, che aveva i m ba ls a m a t o il corpo di Dalì, assicurò che i suoi baffi erano rimasti intatti “alle 10 e 10” come lo stesso Dalì avrebbe desiderato.
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